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"Andreotti una volta mi raccontò con grande orgoglio, ed un pizzico di vanità, di quando Giovanni Paolo II in una piazza San Pietro gremita, in mondovisione, lo salutò con calore e senza alcuna resistenza, sussurrandogli qualcosa nell'orecchio, mentre si svolgevano i processi sia di Perugia che di Palermo. Gli chiesi, forse con sfrontatezza, cosa gli avesse detto il suo grande "amico", ma Andreotti fu lapidario e mi rispose: "Adesso vuole sapere troppo". Lo stesso capitò quando gli domandai del delitto Moro. Si irrigidì, e mentre sembrava essersi curvato più del solito, iniziò a girarsi i pollici e, dopo cinque minuti, mi ritrovai fuori dal suo studio. Discuteva amabilmente di politica estera e di fede, argomento sul quale ci divideva una diversa concezione del Cristianesimo, ma motivo per cui, suppongo, fosse veramente da me incuriosito. Nelle nostre conversazioni, tutte descritte nel libro, abbiamo anche parlato di Gelli, Craxi, Montanelli, Berlusconi e della "mai nata" Seconda Repubblica". (Alessandro Iovino).